L’Italia e il tortuoso cammino verso la Transizione Energetica

Nel fervore dell’attuale dibattito globale, la transizione energetica si pone come una delle questioni più pressanti e dibattute. Al centro di questa trasformazione vi è una domanda cruciale: perché è così urgente cambiare rotta?

Per rispondere, è essenziale immergersi nel contesto energetico italiano, illuminato dal report “Italy 2023: Energy Policy Review” dell’International Energy Agency (IEA).

Al 2021, il 58% dell’energia prodotta in Italia proviene ancora da fonti fossili, con una predominanza del gas naturale (50%). Il 2% arriva dal geotermico, mentre le energie rinnovabili, capitanate dall’idroelettrico, solare ed eolico, rappresentano al 2021 il 40%, segnando nella timeline un lungo percorso verso una maggiore sostenibilità. Tuttavia, l’attuale mix energetico è ancora insoddisfacente, presentando, del resto, alcune ripercussioni negative.

Innanzitutto, sebbene in calo dal 2005, la generazione di energia elettrica e di energia sotto forma di calore per il riscaldamento contribuisce ancora per il 32% alle emissioni totali di CO2 del Paese. La larga percentuale di fonti fossili ancora utilizzate non è però solo responsabile dell’aumento dei gas serra e del riscaldamento climatico…. Scopriamo infatti come l’Italia, nonostante gli sforzi, risulti ancora in una situazione di vulnerabilità dovuta alla forte dipendenza dagli approvvigionamenti esteri di gas naturale, condizione particolarmente evidente alla luce della crisi provocata dal conflitto russo-ucraino.


Le iniziative dell’Unione Europea

L’Unione Europea, attraverso i National Energy and Climate Plans (NECP) 2021-2030, ha stabilito obiettivi ambiziosi: ridurre le emissioni di CO2 del 40% rispetto ai livelli del 1990, migliorare l’efficienza energetica del 32,5% e aumentare la quota delle rinnovabili al 32%. Inoltre, nell’ambito dell’iniziativa Green Deal europeo, il 18 dicembre 2022 il Consiglio dell’Unione europea e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo politico provvisorio su importanti proposte legislative del pacchetto “Fit for 55%” per ridurre ulteriormente le emissioni e affrontarne le conseguenze sociali. L’accordo è provvisorio e in attesa dell’adozione formale da parte di entrambe le istituzioni e punta a una riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030. Per l’Italia, questo si traduce in un obiettivo titanico: installare ogni anno 8GW di nuova capacità produttiva da fonti rinnovabili, un balzo notevole rispetto all’attuale 1GW annuale. Tuttavia, organizzazioni come Greenpeace hanno criticato il fatto che il pacchetto non sia sufficiente a impedire il riscaldamento globale, perché gli obiettivi posti dal Fit for 55 sono troppo carenti, in particolare contestando la classificazione della bioenergia come energia rinnovabile e lo stop troppo tardivo alla vendita di autovetture endotermiche.

Dal 2005 al 2021, la produzione di energia rinnovabile nel Paese è più che raddoppiata, con un’impennata tra il 2010 e il 2014 grazie agli incentivi del “Conto Energia“. Tuttavia, la crescita si è notevolmente rallentata dal 2015, a causa di procedure burocratiche lunghe e complesse per l’ottenimento dei permessi e dell’opposizione locale alla costruzione di grandi impianti solari ed eolici.


In conclusione, la necessità di una transizione energetica quanto più celere ed efficace è guidata dalla volontà di ridurre le emissioni di gas serra, ma anche dalla crescente consapevolezza dell’importanza dell’indipendenza energetica. In questo contesto, la transizione energetica non è solo un imperativo ambientale, ma anche un’opportunità per rinnovare il tessuto produttivo e tecnologico dell’Italia, puntando su un futuro più sostenibile e resiliente.


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