💵 Nonostante i casi internazionali di corruzione durante il suo ruolo di CEO dal 2014 e i disastri ambientali avvenuti quando ricopriva la carica di Chief Operating Officer della divisione Exploration & Production, il governo italiano conferma la carica di CEO di ENI a Claudio Descalzi.
(https://www.recommon.org/recommon-descalzi-non-puo-continuare-a-guidare-leni/)
🛢L’ENI S.p.A. è un’azienda che opera nella filiera dell’energia dall’esplorazione alla distribuzione in 71 paesi e con oltre 32 mila impiegati. È l’ottavo gruppo petrolifero mondiale per giro d’affari e il primo in termini di performance esplorativa con oltre 6 miliardi di boe (barili equivalenti di petrolio) e con investimenti nel settore Esplorazione e Produzione di combustibili fossili che ammontano a 442 milioni di euro.
ENI ha una lunga storia di disastri ambientali, corruzione e finta transizione energetica, e il suo riconfermato amministratore delegato sembra aver agito spesso nel solco di questa triste tradizione. Ecco cosa si nasconde dietro al colosso dell’Oil & Gas:👇
𝐈𝐥 “𝐃𝐢𝐬𝐚𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐈𝐤𝐞𝐛𝐢𝐫𝐢”
Il 5 Aprile 2010 nello stato di Bayelsa (Nigeria) lo scoppio di una conduttura petrolifera della “Nigerian Agip Oil Company” controllata da Eni, causò una fuoriuscita di 150 barili di petrolio (a cui seguì un incendio) che distrusse la fauna, la vegetazione e provocò una contaminazione delle falde acquifere, togliendo le fonti di sostentamento alla comunità locale Ikebiri.
(Per approfondire 👉 https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/01/09/risarcimento-per-il-disastro-ambientale-in-nigeria-eni-sara-giudicata-in-italia-prima-vittoria-della-comunita-ikebiri/4082340/)
𝐋𝐚 𝐜𝐨𝐫𝐫𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐢𝐧 𝐍𝐢𝐠𝐞𝐫𝐢𝐚 (𝐜𝐚𝐬𝐨 𝐄𝐍𝐈/𝐎𝐏𝐋 𝟐𝟒𝟓)
Su vari manager dell’azienda, tra cui lo stesso Descalzi, gravano pesanti accuse di corruzione internazionale aggravata riguardanti il presunto pagamento da parte di Eni di una tangente di 1,1 miliardi di dollari nel 2011 per l’acquisizione della importante licenza offshore Opl245 in Nigeria, insieme alla Shell. Una sentenza di primo grado è attesa da parte del tribunale di Milano ad inizio 2021.
(Per approfondire 👉 https://www.recommon.org/nigeria-caso-eniopl-245/)
𝐈𝐥 𝐝𝐢𝐬𝐚𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐚𝐥 𝐂𝐨𝐯𝐚 𝐢𝐧 𝐁𝐚𝐬𝐢𝐥𝐢𝐜𝐚𝐭𝐚
Il Centro Olio Val D’Agri, in Basilicata, è uno dei più grossi centri industriali d’Europa per l’estrazione di idrocarburi, gestito da ENI. Si trova nei pressi di Viggiano (Potenza), dove l’olio greggio viene stoccato in appositi serbatoi per poi trasferirlo tramite oleodotto alla Raffineria di Taranto per la raffinazione. Viene immesso il gas metano desolforato, disidratato e condizionato nella rete di distribuzione nazionale Snam Rete gas attraverso una stazione di pompaggio.
Dal 2012 al Cova si sono iniziate a verificare delle perdite di petrolio dai serbatoi di stoccaggio del greggio. ENI non avrebbe detto nulla né posto in essere le condotte per evitare tale situazione, determinando un disastro ambientale, accertato ufficialmente solo a febbraio 2017.
(Per approfondire 👉 https://www.sassilive.it/cronaca/giudiziaria/inchiesta-cova-viggiano-arresti-domiciliari-per-dirigente-eni-tredici-persone-ed-eni-indagate-per-reati-di-disastro-ambientale-abuso-dufficio-falso-ideologico/)
𝐋𝐚 𝐩𝐮𝐛𝐛𝐥𝐢𝐜𝐢𝐭𝐚’ 𝐢𝐧𝐠𝐚𝐧𝐧𝐞𝐯𝐨𝐥𝐞
5 milioni di Euro di multa dall’antitrust nei confronti di Eni, per avere diffuso una pubblicità ingannevole in cui proponeva un nuovo carburante “Eni Diesel +” descrivendolo come un “green diesel” nonostante non fosse affatto green, essendo ottenuto miscelando un 85% di gasolio minerale con un 15% di prodotto vegetale (biodiesel).
(Per approfondire 👉 https://codacons.it/pubblicita-ingannevole-5-milioni-di-multa-all-eni/)
𝐋𝐚 𝐟𝐢𝐧𝐭𝐚 𝐭𝐫𝐚𝐧𝐬𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞𝐧𝐞𝐫𝐠𝐞𝐭𝐢𝐜𝐚
Eni è al 30° posto al mondo nella classifica delle aziende al mondo più responsabili della Crisi Climatica. Con emissioni pari a 5.319 MtCO2eq cumulative (pari allo 0,6% delle emissioni industriali globali di gas serra nel periodo 1988-2015).
La strategia comunicativa di Eni adottata in questi ultimi anni è volta a mostrare l’azienda come ambientalmente “Sostenibile” da un lato perchè Eni starebbe in questi ultimi anni investendo sulle energie rinnovabili e dall’altro per lo spostamento dei suoi investimenti dalle tradizionali fonti fossili (petrolio e carbone) al “Gas Naturale”, un combustibile fossile presentato da Eni e dalle altre multinazionali del settore Oil & Gas come meno impattante a livello ambientale.
Ma la comunicazione è orientata ad effettuare il cosidetto “Greenwashing”, come mai?
-Il piano strategico 2019-2022 di Eni prevede investimenti per circa 33 miliardi di euro, di cui la maggior parte (77%) destinata alle tradizionali attività per le fonti fossili. La produzione di idrocarburi è prevista in crescita del 3,5% all’anno, perforando circa 40 nuovi pozzi petroliferi ogni anno. Mentre alle tecnologie rinnovabli è riservata una fetta ben più piccola della torta (1,5 mld di €), un 5% scarso.
-Il Gas Naturale non è una forma di “energia pulita” né tantomeno funzionale alla transizione energetica verso un sistema produttivo alimentato a 100% rinnovabili entro il 2050 (come stabilito negli Accordi di Parigi ). Infatti, anche i moderni impianti a ciclo combinato alimentati a metano determinano una emissione tra i 410 ed i 650 gCO2eq/kWh: si tratta di una emissione più contenuta ma comunque più elevata rispetto alla generazione elettrica da fonti rinnovabili, a cui è invece imputabile emissioni molto più ridotte e comprese tra i 2 ed i 180 gCO2eq/kWh. Inoltre, da uno studio dell’ Energy Watch Group di Berlino, è emerso che se si prendessero in considerazione oltre alle emissioni di CO2 anche le emissioni di metano lungo tutta la filiera (estrazione, trasporto e utilizzo), sostituire le attuali centrali a carbone con le moderne centrali a gas comporterebbe un aumento delle emissioni del 41%.
Per riassumere, Eni non sta effettuando nessuna “transizione ecologica” dell’energia che produce: continuano le ricerche di pozzi petroliferi, gli investimenti sulle fonti rinnovabili sono una quota irrisoria e la fonte su cui concentreranno la maggior parte degli investimenti nei prossimi anni (il gas) è un combustibile fossile altamente climalterante, la carbon neutrality prefissata al 2030 dal manager Claudio Descalzi, apparte soltanto banale greenwashing.
𝐄𝐍𝐈 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐢 𝐬𝐮𝐨𝐢 𝐢𝐧𝐠𝐞𝐠𝐧𝐞𝐫𝐢 “𝐝𝐢𝐬𝐬𝐢𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢”
L’ingegnere responsabile del Cova (lo stabilimento petrolifero della Basilicata dove avvennero dal 2012 degli sversamenti di petrolio che causarono dei disastri ambientali) Gianluca Griffa, ha scritto una lettera ai pm della Procura di Potenza in cui ha rivelato che le fuoriuscite di greggio dai serbatoi del Cova sarebbero avvenute nel 2012 ma poi “per ordini superiori” – si legge – sarebbero state nascoste “per non fermare la produzione” fino a gennaio del 2017. Quindi, secondo la lettera, i vertici Eni sapevano dei pericolosi sversamenti di greggio già dal 2012.
Nella lettera Griffa descrive un incontro che sarebbe avvenuto nel febbraio del 2013 con altri dirigenti locali della compagnia petrolifera durante il quale gli sarebbe stato impedito di portare allo scoperto la situazione. Poi però aggiunge di essere riuscito in qualche occasione ad imporre ai tecnici di ridurre la portata dell impianto. Questi però non appena Griffa si assentava avrebbero ripristinato le impostazioni iniziali.
Le sue preoccupazioni gli sarebbero costate ferie forzate, rimozione dall’incarico e una convocazione nella sede di Milano il 22 luglio 2013. Ma quattro giorni dopo il giovane ingegnere piemontese fece perdere le sue tracce. Fu trovato impiccato in circostanze non del tutto chiare in un bosco di Montà d’Alba in provincia di Cuneo.
(Per approfondire 👉 https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2017/11/02/ai-pm-la-lettera-del-suicida-leni-sa-dei-veleni-dal-2012/3951466/)
𝐄 𝐩𝐞𝐫 𝐟𝐢𝐧𝐢𝐫𝐞,
𝐈 𝐫𝐚𝐩𝐩𝐨𝐫𝐭𝐢 𝐭𝐫𝐚 𝐄𝐍𝐈 𝐞 𝐢𝐥 𝐏𝐨𝐥𝐢𝐭𝐞𝐜𝐧𝐢𝐜𝐨 𝐝𝐢 𝐌𝐢𝐥𝐚𝐧𝐨
Eni partecipa anche al Consiglio di Amministrazione della Fondazione Politecnico di Milano con il suo membro Giuseppe Tannoia che ricopre in Eni la carica di Executive Vice President Research & Development.
Eni si inserisce nel PoliMi anche per direzionarne la ricerca: sulla base delle nuove direttive strategiche di Eni, il 2 Luglio 2018 fu siglato un accordo al Politecnico di Milano tra il Rettore Ferruccio Resta e l’AD di Eni Claudio Descalzi. L’accordo non è altro che un rinnovo della partnership già avviata tra Eni e Polimi, partnership che risale al 2008 e che ha implicato investimenti da parte di Eni in attività di ricerca per circa 40 milioni di euro. La strategia dell’accordo è in linea con gli obiettivi strategici di Eni, tra cui figura “la transizione energetica, con lo studio di tecnologie innovative di settore e la promozione dell’impiego del gas naturale”.
(Per approfondire 👉 https://www.polimi.it/fileadmin/user_upload/comunicati_stampa/1530525241_CS_Eni_Politecnico.pdf)
E’ attivo da Settembre 2017 il Master di II Livello in “Energy Innovation”, all’interno del Dipartimento di Energia, frutto della più che decennale partnership tra Eni e PoliMi.
Il focus del master rimane – ovviamente – il settore Oil & Gas, con qualche tinteggiata green. Si legge infatti nella descrizione del master: “L’importante fase di transizione che sta affrontando il settore energetico, caratterizzata dall’apertura verso forme di energia alternativa e nuovi modelli di business, richiede lo sviluppo di competenze all’avanguardia, necessarie per affrontare le sfide del futuro. È in questo scenario che nasce il Master universitario di II livello in Energy Innovation, realizzato da Eni in collaborazione con il Politecnico di Milano, volto alla formazione di risorse con una visione trasversale sulle tradizionali aree del business Oil & Gas e in grado di presidiare temi tecnologici di frontiera.”
(Per approfondire 👉 http://www.masterenergyinnovation.polimi.it/)
